L’Aquila e la Spada di Alvaro Gradella

Il Comes Britanniarum Magno Clemente Massimo fu l’ultimo Governatore delle Britannie e uno degli “usurpatori” più temuti del tardo Impero. Ma, mentre la storiografia romana ufficiale dell’epoca cercò di cancellarne le imprese, al contrario la tradizione orale dei Celti di Britannia lo elesse al ruolo di indimenticato eroe di più di una leggenda

L’Aquila e la Spada

Alvaro Gradella

La Storia è scritta dai Vincitori, la Leggenda… dagli Sconfitti.

Autore: Alvaro Gradella Pagg.: 394
Prefazione: Raffaella Bettiol Illustrazioni: mappa Impero Romano
Genere: Romanzo storico/mitologico Rilegatura: Brossura con alette
ISBN: 9788897674252 Formato: 15×21
Lingua: Italiano  

 14,90

Aggiungi alla Wishlist
Aggiungi alla Wishlist

Descrizione

L'Aquila e la Spada copertina

Il Comes Britanniarum Magno Clemente Massimo – il protagonista di questo romanzo – fu l’ultimo Governatore delle Britannie e uno degli “usurpatori” più temuti del tardo Impero. Ma, mentre la storiografia romana ufficiale dell’epoca cercò di cancellarne le imprese, al contrario la tradizione orale dei Celti di Britannia lo elesse al ruolo di indimenticato eroe di più di una leggenda. Di lui, Macsen Wledig (la Guida), e della sua arma, la “Spada di Macsen” (che diverrà – secondo il mito – Excalibur), accompagnati dal suono cristallino delle arpe, i bardi avrebbero nostalgicamente cantato nei secoli a venire. Non a caso, egli è il solo non-nativo sul quale si incentri uno dei racconti contenuti nell’antico Mabinogion: l’unica traccia scritta della tradizione mitica britanno-celta. Ne L’Aquila e la Spada, leggeremo, perciò, di battaglie ed eroi – certo! – ma anche di druidi e fate dei boschi, di visioni e riti misterici, di sacrifici crudeli e stupefacenti metamorfosi e dell’amore struggente fra il Comes romano Magno Massimo e la Principessa britanna Elain.

In questo romanzo, la Storia scritta e la Leggenda tramandata si intrecciano a creare un mondo epico e fatato in cui lo spiritualismo magico e sognatore dei Celti di Britannia si lega al realismo pragmatico e disincantato dei Romani. Scopriremo, così, come Roma – dopo quasi quattro secoli di dominazione – abbia lasciato in eredità alla Britannia qualcosa delle sue antichissime gloria e nobiltà. Qualcosa da cui – grazie a Magno Massimo – sarebbe nata, quasi un secolo dopo, la leggenda più grande e amata di tutte, quella del Rex quondam Rex futurusque, il Re in Eterno: Artù.

Il romanzo L’Aquila e la Spada e il suo seguito Excalibur la spada di Macsen traggono origine dal racconto La Terza Aquila, pubblicato nella raccolta È sempre tempo di eroi (1998), edita da Il Cerchio. L’Autore ne ha sviluppato anche la sceneggiatura cinematografica che ha ottenuto un riconoscimento dalla Commissione Ministeriale competente. Il personaggio principale, il generale romano Magno Clemente Massimo, è una figura realmente esistita, così come la maggior parte dei contemporanei che leggiamo fargli da contorno: gli imperatori Giulio Valente e Flavio Graziano, il generale Teodosio il Giovane, il vescovo Ambrogio (futuro Santo e Patrono), l’arcidruido Taliesin, e così via. Nella narrazione, quindi, lo vedremo muoversi e agire in un contesto del tutto congruo al proprio tempo (la fine del IV Secolo d.C.) e nel rispetto di quanto gli storici ci riportano di lui, nonché della situazione politica, militare e dinastica negli Imperi Romani d’Occidente e d’Oriente. Magno Massimo non sfuggì a una spietata damnatio memoriae, ma L’Aquila e la Spada restituisce voce e gloria – come mai prima – a questo straordinario protagonista della storia di Roma e della Britannia.

Premi letterari:

Il Premio Letterario Giuseppe Morselli IXa edizione 2016 per la narrativa è stato assegnato ad Alvaro Gradella per i suoi romanzi storico/mitologici L’Aquila e la Spada e il seguito Excalibur – La Spada di Macsen, con la seguente motivazione: “Narrazione tra storia e fantasia, intensa di emozioni, che non cade nella superficialità del racconto, ma è frutto di attenta ricerca che coinvolge e trasporta il lettore…”

Alvaro Gradella

È da lunghissimo tempo ormai padovano d’adozione.

Dopo la maturità scientifica, frequenta un corso di dizione e recitazione con il Teatro Universitario. Giovanissimo e affermato dj. agli esordi delle Radio Private inizia un’attività parallela di “voce” radiofonica, divenendo in breve tempo un riconosciuto professionista del settore.

Dal ‘79 fino alla fine degli anni ‘80 vive a Roma dove conduce programmi per Radio-RAI e, come attore, lavora nel doppiaggio, in teatro e nel cinema.

Di nuovo a Padova, torna a occuparsi di conduzione e produzione di programmi e talk-show radiofonici, pur continuando nella partecipazione a film e fiction televisive.

La sua principale attività nel mondo del cinema è quella di interprete e tra i lavori più interessanti possiamo citare la partecipazione nel film Il leone di vetro (2014) di Salvatore Chiosi dove ha interpretato la parte del Podestà Gradenigo.

È stato anche impegnato nell’Amministrazione Comunale della città patavina.

Da sempre cultore della Roma Antica e dei Cicli Arturiani, pubblica il romanzo storico/mitologico L’Aquila e la Spada (Runa Editrice, 2013), a cui segue Excalibur – La Spada di Macsen (Runa Editrice, 2014).

http://it.wikipedia.org/wiki/Alvaro_Gradella

Alvaro Gradella

Recensioni e stampa

Intervista di Michela Zanarella ad Alvaro Gradella ed al suo libro “L’aquila e la spada”

su Oubliette Magazine

“I tuoni galoppavano fra grevi nuvole grigie e le grida dei feriti sembravano invocare la pioggia, affinché scendesse a lavare tutto quel sangue.” 

Dal primo capitolo de “L’aquila e la spada“.

Alvaro Gradella, padovano di adozione, è conduttore radiofonico, attore, autore del romanzo storico “L’aquila e la spada“. Dal ‘79 fino alla fine degli anni ‘80 vive a Roma dove conduce programmi per Radio-RAI e, come attore, lavora nel doppiaggio, in teatro e nel  cinema. Di nuovo a Padova torna ad occuparsi di programmi radiofonici.

È stato anche impegnato nell’Amministrazione Comunale della città patavina. Da sempre cultore della Roma Antica e dei Cicli Arturiani, è al suo primo romanzo. Michela Zanarella lo incontra per Oubliette Magazine.

M.Z.: Quale motivazione ti ha indotto a scrivere il romanzo storico “L’Aquila e la Spada”?

Alvaro Gradella: Fin da bambino sono sempre stato un ‘divoratore’ di libri, a cominciare da quella che si chiamava ‘letteratura per ragazzi’: Verne, Salgari, London. Crescendo, poi, ho letto di tutto: da Chandler a Poe, da Kafka a Pasolini, da Mailer a Berto, da King alla McCollough, eccetera, saltando letteralmente – o meglio, letterariamente! – di palo in frasca. Andando avanti, mi sono sempre più appassionato al genere storico, specie per quel che riguarda l’antica Roma, e ai cosiddetti ‘cicli arturiani’, specie nei loro interpreti più moderni come Terence. H. White (dal cui “Once and future King” Walt Disney trasse il suo “La Spada nella Roccia”), Bernard Cornwell, Marion Z. Bradley, Stephen Lawhead e Mary Stewart. A un certo punto, sia nei romanzi di Lawhead che della Stewart mi ha colpito il fatto che ricorresse – seppure in maniera poco più che accennata – uno stesso personaggio di generale romano in Britannia il cui nome era Magno Massimo. Molto incuriosito, ho voluto approfondire questa figura e ho scoperto che si trattava dell’ultimo Dux Britanniarum, realmente esistito e divenuto leggendario per i Celti di Britannia. Non solo! Egli veniva citato anche da mito-storiografi come Nennio e Goffredo di Monmouth che gli hanno accreditato una parte essenziale nella nascita dell’epopea d’Artù e della sua spada Excalibur. Magno Clemente Massimo è un personaggio praticamente sconosciuto a noi latini, dato che allora – alla fine del IV Secolo d.C. – venne a scontrarsi con l’Imperatore Teodosio I – che lo sconfisse e giustiziò – e fu bollato poi come usurpatore e fatto segno a damnatio memoriae; ma per i Britannici è una figura storica importante, argomento di studi e trattati. Ecco! Io ho voluto dar voce – come nessuno aveva fatto prima – a questo straordinario protagonista della storia di Roma e della Britannia, e finalmente narrare – intrecciando Storia scritta e Leggenda tramandata – quanto abbiano inciso la gloria e la potenza di Roma nella genesi dell’immortale leggenda di Re Artù. 

M.Z: Quali sono le caratteristiche che identificano un romanzo come storico?

Alvaro Gradella: Dal mio punto di vista, per essere definito tale un romanzo storico deve avere delle solide basi – appunto! – storiche. Insomma, le vicende narrate debbono essere congruenti con il periodo in cui si svolgono e con quanto di allora ci viene riportato da testi e corrispondenze. Poi, ovviamente, un autore ‘colorerà’ il tutto con la fantasia e l’estro che gli sono propri, immaginando e creando dialoghi, episodi, caratteri, sempre però rispettando anche l’assioma per cui ogni epoca ha usi, costumi e tipi di relazioni assolutamente peculiari che altrimenti sarebbero – appunto! –  anacronistici. Certo, qualche ‘licenza’ dell’autore in favore del plot narrativo scelto è ammissibile, ma non dovrebbe stravolgere una coerenza di fondo con gli avvenimenti cui fa riferimento. Se posso fare un esempio, per me la grande Colleen McCollough – con la sua meravigliosa ‘eptalogia’ su Roma che parte da Mario e Silla e giunge fino a Cleopatra – ha creato il romanzo storico ‘perfetto’: attenzione ai collegamenti temporali dei fatti, aderenti descrizioni di comportamenti e di rapporti fra i personaggi oltre che analisi di mentalità e ‘atmosfere’, raffigurazioni minuziose e quasi fotografiche di luoghi, mode, accadimenti…Tutto questo, però, rappresentato con una scrittura vivida e trascinante. È incredibile come una scrittrice australiana abbia saputo così ben tratteggiare una civiltà come quella della Roma tardo-repubblicana tanto lontana da lei nel tempo e – soprattutto – nello spazio!

M.Z.: Come nasce la tua passione per la storia romana?

Alvaro Gradella: Ho avuto la fortuna di vivere per molti anni a Roma, e l’emozione che mi provocava quella vicinanza quotidiana a vestigia millenarie così uniche e stupefacenti ha finito per indirizzare la mia passione per la storia antica – che coltivavo da tempo anche per i Greci, gli Egizi e (altro salto di palo in frasca!) gli Aztechi – sempre più verso quel popolo incredibilmente potente, astuto e ‘precursore’ che furono i Romani. Poi, ovviamente, più leggevo, più studiavo, e più aumentavano la passione e l’ammirazione per queste che sono orgoglioso siano le mie radici, così come lo sono per tutti gli Italiani. Se qualcuno, invece, s’aspettava che questa passione mi fosse derivata dagli studi alle superiori, ovviamente, s’è illuso! L’ottusità di molta parte dell’ambiente docente di allora continuava a voler far ‘pagare’ a Roma antica l’utilizzo che ne aveva fatto il regime fascista, per cui ce ne parlava con un misto di disprezzo e insofferenza che certo non giovava sia al nostro apprendimento che al nostro appassionarci.

M.Z.: Battaglie, rituali, sentimenti danno vita ad una trama avvincente e ad una scrittura interessante. Come è avvenuta la stesura del libro, quali archivi e biblioteche hai contemplato?

Alvaro Gradella: Nell’Appendix del mio romanzo – oltre ad una Cronistoria di Roma d.C., la Toponomastica antica e moderna dei luoghi citati e una tabella di comparazione fra alcune Unità di Misura romane e attuali – c’è buona parte dei testi consultati per dar vita alla storia che avevo in mente. Alcuni di essi (opere di Nennio, Monmouth, Graves, Monelli, Stewart, White, ecc.) facevano parte della mia biblioteca, altri (ad esempio, gli articoli dei britannici Roberts e Matthews) me li son fatti arrivare dall’Inghilterra…Come ho già detto, riguardo a Magno Clemente Massimo in italiano si trova molto poco, ma i Britannici gli hanno dedicato – oltre a ballate e leggende – pagine e pagine di studi e trattati anche in età moderna. Addirittura, l’inestimabile e ponderoso “Barrington Atlas of the Greek and Roman World” – su cui ho passato tante notti a studiare gli itinerari e la toponomastica del tardo Impero romano, poi riprodotti nel mio romanzo – è il prodotto di un’iniziativa della American Philological Association in collaborazione con l’Università di Princeton, nel New Jersey. E meno male che con la lingua inglese me la cavo! Se qualcuno avesse notizia di analogo tomo in italiano, me lo comunichi, e avrà tutta la mia riconoscenza…Ma grande parte nella mia ricerca – come, del resto, ho riconosciuto citandola fra le altre “Fonti” – ha avuto la Rete! Ovviamente, non mi sono limitato a Wikipedia, che comunque è molto meno imprecisa e fallace di una volta…Per capirci, nella navigazione in Rete è bene toccare diversi ‘porti’, confrontare varie fonti, prima di accettare un dato, una notizia o un avvenimento. Bisogna cercare, comparare, verificare più volte tramite vari siti. Non dimentichiamo che in Internet si trova Wikipedia, ma anche la Treccani! Tanto per fare un esempio, in Rete ho rintracciato da testi inappuntabili delle bellissime traduzioni di intere pagine dello storico del IV Secolo d.C. Ammiano Marcellino. Detto questo, è chiaro che, comunque, ci deve essere una ‘base’ di conoscenza che solo le letture e lo studio possono aver dato.

M.Z: “La Storia è scritta dai Vincitori, la Leggenda… dagli Sconfitti” era il sottotitolo della prima edizione del romanzo, ora pubblicato in ristampa con Runa Editrice. Quanto la leggenda ha spazio in questo tuo romanzo rispetto alla storia?

Alvaro Gradella: Il mio è un romanzo storico particolare: da un lato esso si sviluppa in un contesto assolutamente congruo al periodo in cui è ambientato (la fine del IV Secolo d.C.) e nel rispetto di quanto gli storici – sia di quei tempi che moderni – ci riportano riguardo alla situazione politica, militare e dinastica negli Imperi Romani d’Occidente e d’Oriente di allora; dall’altro lato, però, grande parte ha quanto la Leggenda, i carmi, le ballate dei Celti di Britannia ci hanno tramandato nei secoli. Cito fra tutti “Breuddwyd Macsen Wledig” (Il sogno del Duca Massimo), tratto dal “Mabinogion”, dove il personaggio principale del mio romanzo era l’unico non-celta protagonista di un brano di questa raccolta di antiche ballate che i bardi cantavano al suono cristallino delle arpe nelle corti britanne alto-medievali. Così, ho voluto che ne “L’Aquila e la Spada” – quasi come nel ‘tartan’ (il classico tessuto britanno) – storia e leggenda, realtà e fantasia, ciò che è terreno e ciò che è mistico – e quindi battaglie, intrighi, Deità tenebrose e rituali oscuri – si intrecciassero per mostrare, per la prima volta, a quale straordinario risultato ha portato l’incontro fra il disincantato (forse, a volte, sbrigativo) ma straordinariamente efficace pragmatismo dei Romani e il naturalismo magico e sognante dei Celti di Britannia. E’ da questo intreccio e da questo personaggio che è nata la straordinaria leggenda di Re Artù e della sua Spada, come tramandarono chiaramente antichi mito-storiografi quali il chierico bretone Nennio, con la sua “Historia Brittonum” del IX Secolo, e l’ecclesiastico gallese Goffredo di Monmouth, con la “Historia Regum Britanniae” dell’XI Secolo. Nel mio piccolo, ho voluto strappare il sudario della damnatio memoriae dal busto marmoreo del Dux Britanniarum Magnus Clemens Maximus e restituirgli un po’ di quella luce che il Mito riserva agli Eroi. È vero, alla fine egli venne sconfitto, ma il suo nome rimarrà legato per sempre alla leggenda straordinaria del Rex quondam, Rex futurusque, il Re in eterno: Re Artù. 

M.Z.: A quale personaggio del libro ti senti maggiormente legato?

Alvaro Gradella: A molti potrà sembrare strano, lo so, ma il personaggio al quale sono più legato è la Principessa britanna Elain. Secondo quanto ci viene riportato da antichi testi, essa fu amata da Magno Massimo e ne divenne la sposa. Non si sa molto di questa fanciulla, e forse quello fu un classico matrimonio ‘politico’ che consolidava l’alleanza fra Roma e la Britannia, ma io ho preferito immaginare e descrivere comunque una vera storia d’amore, anche perché questa era emblematica di un Magno Massimo sempre più permeato del mondo britanno. Nella prima stesura del romanzo, non avevo adeguatamente approfondito e sviluppato questa bellissima figura. Poi, rimettendo mano a quanto avevo scritto, (anche su sollecitazione materna, lo ammetto…) mi sono accorto che la principessa Elain meritava ben altro risalto! Adesso, sono convinto che questo personaggio femminile – così ampliato e valorizzato – abbia donato al mio romanzo qualcosa di prezioso che sicuramente mancava nella prima versione. Come uomo, ‘creare’ questa nobile e luminosa figura di donna è stata una sfida davvero stimolante, e avere sentito tante lettrici dichiararsene conquistate e commosse mi ha reso molto orgoglioso.

M.Z.: Progetti per il futuro?

Alvaro Gradella: Sicuramente c’è quello di diffondere il più possibile questa bella ristampa pubblicata con una nuova grafica da Runa Editrice. Poi – il più ambizioso – quello di completarne il seguito, al quale sto lavorando e che si intitolerà molto probabilmente “Exchalibeorta – La Spada di Macsen”. Molti di coloro che hanno letto “L’Aquila e la Spada” (che, non ha caso, non ha la parola “Fine” all’ultima pagina) mi chiedono quando questo seguito uscirà… Io spero per l’estate prossima. 

L'Aquila e la Spada copertina aperta
L'Aquila e la Spada copertina aperta

RIMANIAMO IN CONTATTO!

Ci piacerebbe aggiornarti con le nostre ultime novità e offerte Sorriso emoji

Non inviamo spam!

Ti potrebbe interessare…