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Il sussurro di vico Pensiero di Tina Cacciaglia
Un viaggio negli inferi che è un autentico giallo tra coinvolgenti intrecci in una Napoli popolata da fantasmi e superstizioni, immersa nell’occulto, nei misteri e nelle sue contraddizioni.
Il sussurro di vico Pensiero
Tina Cacciaglia
Un viaggio negli inferi che è un autentico giallo tra coinvolgenti intrecci in una Napoli popolata da fantasmi e superstizioni, immersa nell’occulto, nei misteri e nelle sue contraddizioni.
Autrice: Tina Cacciaglia | Pagg.: 260 |
Prefazione: Maurizio Ponticello | Rilegatura: Brossura con alette |
Genere: Noir | Formato: 14×21 |
ISBN: 9788897674108 | Lingua: Italiano |
€ 16,00
Descrizione
“Povero pensiero me fu arrubbato, pe no le fare le spese me l’ha tornato“.
Così recita la lapide posta a vico Pensiero, secondo una leggenda popolare, da un giovane poeta innamorato. Una strega dai lunghi capelli neri e dagli occhi ammalianti, lo sedusse con teneri sorrisi e dolci parole. A lui si concesse con la devozione di una sposa, finché non ci fu più un frammento d’anima da rubargli ancora.
Nel Palazzo San Severo a Napoli, la bellissima nobildonna Maria d’Avalos venne uccisa dal marito, il principe Carlo Gesualdo, insieme all’amante: era la notte tra il 16 e il 17 ottobre del 1590. Si narra che il suo fantasma vaghi ancora nell’oscurità delle notti napoletane.
Fantasmi e leggende del passato. La vita di Adriana s’incrocia con l’antica storia della nobildonna Maria d’Avalos e del suo amante e con quella contemporanea di Elena, una collega di studi trovata morta con in gola della saggina di cui sono fatte le scope delle streghe. Adriana si addentra in una Napoli a lei sconosciuta, nei rioni appartenenti alla camorra, e assieme al fidanzato, un tormentato Commissario di Polizia, inizia una indagine che la porterà a scoprire una vera e propria città nella città, immersa in antiche tradizioni, incarnate da personaggi come Costanzo ‘o Scartellato, che parla con i morti del Cimitero delle Fontanelle, o Maria ‘a Putecara, che legge le carte e scaccia il malocchio. Un viaggio negli inferi che è un autentico giallo tra coinvolgenti intrecci in una Napoli popolata da fantasmi e superstizioni, immersa nell’occulto, nei misteri e nelle sue contraddizioni.
Tina Cacciaglia
Nata a Napoli, laureata in Sociologia, svolge l’attività di Conciliatrice Professionista, oltre a interessarsi da diversi anni di scrittura ed editoria.
Ha pubblicato diversi articoli per riviste quali L’isola, Il Giornale di Cava, Il Vescovado. Una sua favola è stata letta a Radio Rai Due ed è arrivata finalistaa al concorso Parole in Corsa con un brano pubblicato in antologia.
Ha partecipato a Torino al Perfect Day della Scuola Holden, organizzato da Alessandro Baricco, con un breve brano, pubblicato dal quotidiano Il Denaro e dalla rivista Grazia.
Il romanzo storico La Signora della Marra (Runa Editrice), di cui è una delle due autrici, è stato segnalato dalla giuria del Premio Calvino 2009 come degno di merito.
Sempre nel 2009 ha vinto il primo premio Creatività e scienza città di Salerno con un racconto di fantascienza storica pubblicato in antologia.
Nel concorso nazionale IoScrittore 2011 è risultata vincitrice con un romanzo noir, pubblicato in ebook dal Gruppo Mauri Spagnol nel marzo 2012.
Attualmente vive a Salerno con la sua famiglia e il suo cane.
La versione cartacea è la 2ª edizione, completamente rivista e rieditata. Ha un capitolo in più e la prefazione di Maurizio Ponticello.
La 1ª edizione, pubblicata solo in ebook, è stata tra i vincitori del torneo letterario “IoScrittore” edizione 2011.
Recensioni e stampa
Indice:
• Recensione di Antonietta Mirra – L’amica dei libri
• Recensione e intervista su Il mondo di Suk di Nicola Guarino
• Recensione di Roberto Baldini su Solo Libri
• Intervista di Roberto Baldini su Scrivoleggo
• Recensione di Clara Domenino su Gli amanti dei libri
• Recensione di Miriam Mastrovito su Il flauto di Pan
• Intervista di Miriam Mastrovito su Il flauto di Pan
• Il sussurro di Vico Pensiero su aNobii
Il sussurro di Vico Pensiero di Tina Cacciaglia Recensione di Antonietta Mirra – L’amica dei libri
Buon mercoledì cari lettori! Le vacanze si avvicinano e anche oggi voglio lasciarvi una recensione di un romanzo che riguarda la mia città e tutto ciò che concerne il suo aspetto più magico e superstizioso. Ringraziando Runa Editrice per la copia inviatami, leggerete della storia scritta da Tina Cacciaglia, intitolata Il sussurro di Vico Pensierio, un Noir popolato di leggende e di miti ambientato nella bella Napoli, con tanto di mistero e fascino.
Leggete! Aspetto le vostre impressioni!
Trama
Nel Palazzo San Severo a Napoli, la bellissima nobildonna Maria d’Avalos venne uccisa dal marito, il principe Carlo Gesualdo, insieme all’amante: era la notte tra il 16 e il 17 ottobre del 1590. Si narra che il suo fantasma vaghi ancora nell’oscurità delle notti napoletane. Fantasmi e leggende del passato. La vita di Adriana s’incrocia con l’antica storia della nobildonna Maria d’Avalos e del suo amante e con quella contemporanea di Elena, una collega di studi trovata morta con in gola della saggina di cui sono fatte le scope delle streghe. Adriana si addentra in una Napoli a lei sconosciuta, nei rioni appartenenti alla camorra, e assieme al fidanzato, un tormentato Commissario di Polizia, inizia una indagine che la porterà a scoprire una vera e propria città nella città, immersa in antiche tradizioni, incarnate da personaggi come Costanzo ‘o Scartellato, che parla con i morti del Cimitero delle Fontanelle, o Maria ‘a Putecara, che legge le carte e scaccia il malocchio. Un viaggio negli inferi che è un autentico giallo tra coinvolgenti intrecci in una Napoli popolata da fantasmi e superstizioni, immersa nell’occulto, nei misteri e nelle sue contraddizioni.
Tina Cacciaglia è nata a Napoli, laureata in Sociologia svolge l’attività di Conciliatrice Professionista, oltre a interessarsi da diversi anni di scrittura ed editoria. Ha pubblicato diversi articoli per riviste quali L’isola, il Giornale di Cava, Il Vescovado. Una sua favola è stata letta a Radio Rai Due ed è arrivata finalista al concorso Parole in Corsa con un brano pubblicato in antologia. Ha partecipato a Torino al Perfect Day della Scuola Holden, organizzato da Alessandro Baricco, con un breve brano, pubblicato dal quotidiano Il Denaro e dalla rivista Grazia. Il romanzo storico “La Signora della Marra”, di cui è una delle due autrici, è stato segnalato dalla giuria del Premio Calvino 2009 come degno di merito, ed è in corso di prossima pubblicazione. Sempre nel 2009 ha vinto il primo premio Creatività e scienza, città di Salerno con un racconto di fantascienza storica pubblicato in antologia. Nel concorso nazionale IoScrittore 2011 è risultata vincitrice con un romanzo noir, pubblicato in ebook dal Gruppo Mauri Spagnol nel marzo 2012. Attualmente vive a Salerno con la sua famiglia e il suo cane.
“La strega li ammalia e poi li distrugge.”
Il sussurro di Vico Pensiero è un silenzioso ed inquieto viaggio all’interno della città partenopea, fingendosi un libro mentre è una feconda e capricciosa realtà che si sveste delle ignobili nomee che spesso l’hanno sporcata, per rivelarsi in tutta la sua magica presenza. Napoli si racconta prendendo come scusa una storia misteriosa che è soltanto un pretesto per far sì che la brava autrice riesca, in tutta la sua conoscenza e predisposizione narrativa, a regalarci ancora un altro quadro dell’indimenticabile città.
Morte e mistero, superstizione e maledizione, sacro e profano, magia e streghe si alternano nell’intreccio costruito ad arte e reso avvincente ed intrigante da uno stile flessuoso, a tratti antico quasi quanto le leggende che racconta.
Già il titolo richiama qualcosa di altro, un oltre incondizionato che tenta di prenderti per mano e di portarti laddove ha casa il mistero e si svelano i segreti più arcani e più pericolosi. La parola sussurro è estremamente suggestiva, sembra quasi incantare e spingere verso le nostre orecchie un suono velato e carezzevole, che giunge da lontano per sedurci e condurci verso terre misticamente ignote. Ma non sempre quel sussurro è benevolo. La storia che ci narra Tina Cacciaglia lo dimostra ma alla fine cosa importa? Che sia benedizione o maledizione ciò che scorre per le vie di quella indomita città, sono le sue storie, i suoi incanti, le sue ombre e i suoi fantasmi a rendere reale e desiderabile la sua essenza di città indimenticabile.
Il libro si apre con un caso irrisolto: la studentessa Elena viene trovata morta e le indagini non portano a nulla di costruttivo perché su tutto aleggia un mistero impenetrabile. Adriana, amica e collega della giovane uccisa, comincia ad indagare per conto suo poiché alcune coincidenze non le appaiono affatto chiare. A rendere ancora più sinistra ed inspiegabile la situazione è la presenza di Agnese, donna dalle origini sconosciute e dall’identità discutibile che inizia a corteggiare, con successo peraltro, proprio il fidanzato di Adriana, il commissario Carlo Lofrate che si sta occupando dell’omicidio.
Elena viene trovata con della saggina in gola che non è altro che il materiale con cui sono fatte le scope. Inevitabilmente si pensa alle streghe e al mondo della superstizione, soprattutto perché la stessa vittima si occupava di ricerche riguardati proprio quel mondo oscuro e misterioso. Ma Adriana non crede a tutte queste cose, pensa che maghi, streghe e fattucchiere siano soltanto baldanzosi esempi di imbroglioni e truffaldini e che l’unica realtà tangibile sia quella visibile.
Dovrà presto ricredersi come il suo amato fidanzato quando per motivi diversi ed in contesti assolutamente opposti, verranno a contatto con personaggi strani ed inquietanti e visiteranno luoghi considerati magici.
Tina Cacciaglia oltre a scrivere la sua, di storia, quella che s’incastra nell’intreccio propriamente giallo e mistery del romanzo, narra contemporaneamente anche tutta una serie di storielle, di leggende che covano e sopravvivono nell’anima popolare della città. E così che ci conduce nel cimitero delle Fontanelle, dove si trovano le anime pezzentelle, raccontando che un tempo quelle anime rappresentate dai teschi vecchi e consunti, venivano adottate da coloro che cercavano protezione e un qualche favore.
“Certamente, i vivi sceglievano un teschio e lo poggiavano su un centrino o un cuscino, il che significava che era in corso l’adozione.”
Ancora oggi però si possono vedere fiori freschi davanti a quelle teste prive di vita, a simboleggiare che certe tradizioni non possono essere sradicate soprattutto se il popolo è tuttora convinto che da essi si possa cavare ancora un miracolo.
I personaggi del romanzo sono figure eccezionalmente solide, inserite senza sbavature all’interno del contesto napoletano da cui sono tratte dall’autrice. Sono i protagonisti di scene reali, fatte di strada, di grida, di pane e di meraviglia. Come Costanzo o’ Scartellato o Maria a’ Putecara, vecchi che un tempo se la intendevano e che adesso, proprio in mezzo a quei vicoli storti e a quelle vite spezzate misteriosamente, diventano l’emblema non solo di quella superstizione e divinazione odiata ed amata allo stesso tempo, ma soprattutto della possibile e tanto agognata soluzione.
E’ proprio nei segreti delle loro vite apparentemente indicibili, legate al culto dei morti e al superamento dei confini della religione stessa e della fede per scontrarsi con altre credenze e macchinazioni, che si nasconde il vero significato di tutta quella apparente e sconclusionata magia.
Un’atmosfera densa di fumo, di candele, di preghiere rivolte dalla parte sbagliata incarnate da una donna sinuosa e sensuale, una sirena scura, dal corpo di venere e lo sguardo di pantera: Agnese, la nipote di Costanzo, emblema di bellezza e tormento. Colei che incanterà in maniera irreversibile il commissario Lofrate conducendolo in un tunnel di perversione e di sesso, di scoperte e mistero. Una donna dal passato tormentato e torbido che cela tra le sue braccia un segreto troppo grande da poter essere anche soltanto pronunciato. E’ proprio nella sua figura di femmina battagliera, che l’autrice concentra tutta la bellezza e la maledizione della città di Napoli.
Essa è proprio come Agnese, bella da morire ma anche maledetta per quella stessa bellezza, magica e stregata, capace di incantare chiunque tenti di corteggiarla. Carlo ne è attratto ma è anche affranto da tale insidiosa meraviglia.
“E’ difficile spiegare ad una donna che l’altra donna è troppo tutta. Troppo sensuale, troppa curve, troppa carnalità, tutta offerta, tutta senza pudore, tutta senza richieste.”
Lofrate è stregato da quella presenza conturbante che non lo lascia respirare, che lo ha agguantato senza chiedere nulla in cambio, che lo ha preteso senza tirarsi indietro.
Agnese è la carnalità di Napoli, la bella città che si fa donna, femmina di sangue e possesso, figlia diretta dell’ossessione e del tormento. Tra le sue curve scorre il tragico della vita ma anche l’indemoniata passione di quel mondo oscuro che sembra essersi raccolto tutto nelle sue mani.
“Carlo seppe che non voleva e non poteva rinunciare ad Agnese. Qualsiasi cosa Adriana significasse per lui, svaniva davanti alla carne di quella donna. All’amazzone che cavalcava sesso e possesso dell’uomo.”
Tra i quartieri malfamati, le viuzze in cui perdersi, i palazzi antichi e leggendari, scopriamo una Napoli antica ed eterna piena di doni pronti per essere colti solo da chi è in grado di sentirli. Sentire i fantasmi che popolano la città di notte, come quello di Maria d’Avalos, in costante pena d’amore e di morte. Un luogo mistico e pieno di echi d’altrove, dove l’architettura diventa non solo simbolo di storie millenarie, ma diventa passaggio che intravediamo, per salire oltre il confine della nostra realtà e superare quello della porta del mito.
Napoli è tutta un mito, una leggenda, un canto che incanta ma che incute anche paura, è un luogo che non è stato mai completamente felice e come tale è pieno di sospesa malinconia. Un luogo di sangue, di battaglie, di cadaveri ma anche di sogni e speranze. E’ piena di contraddizioni e di scelte sbagliate, di risate e di infamie. Napoli non è una città, è un mondo, quello antico e quello moderno, un eterno scontro tra il popolo e la realtà. E’ negli androni dei suoi palazzi, nei quartieri storici, sulle scale che portano verso paradisi di cieli sconfinati che batte ancora il cuore della Storia.
Nel romanzo di Tina Cacciaglia, nel suo Vico Pensiero, nei suoi personaggi malinconici e solitari, nella bellezza della seduzione, dell’avvenenza e della maledizione, ci ho letto l’essenza stessa della città, ci ho letto nostalgia, sospiri, echi e lontananza. Non è una storia felice quella raccontata, non lo è neanche per l’epilogo, perché anche laddove tutto si risolve, in essa rimane la traccia indelebile del passaggio dell’inspiegabile, così come tra le vene scure della città del mare si intravede ancora la sofferenza di un luogo troppo grande, troppo ferito e come tale inguaribile. Ma Napoli è anche e soprattutto questo, le vedi le sue cicatrici, puoi addirittura contarle, puoi stare a guardare le sue crepe, le sue discrepanze. E’ umana la città nelle parole dell’autrice, è capace di ammaliare ma non di distruggere, al limite siamo noi ad averla distrutta ma la sua anima è immortale, la sua anima ci aiuta a vivere.
Pubblicato da Antonietta Mirra alle 8/05/2015 10:36:00 AM
Sussurri e superstizioni in Vico Pensiero
L’editrice Runa manda in libreria l’ultima opera di Tina Cacciaglia “Il sussurro di Vico Pensiero” (pagg. 260, euro16). Maria d’Avalos, nobildonna viene assassinata insieme all’amante dal marito una notte d’ottobre del 1590. Nella narrazione delle antiche leggende, il suo fantasma vaga ancora nelle notti napoletane.
La vita di Adriana, la protagonista, s’incrocia con la storia antica della nobildonna e con quella attuale di Elena, una collega di studi trovata morta con della saggina in gola, materiale con cui sono fatte le scope delle streghe.
, questo di Adriana, un viaggio nel cuore della Napoli della camorra, insieme al suo ragazzo, il commissario di polizia Lofrate, con il quale d vita alle indagini sulla morte oscura di Elena, ritrovandosi, per poi scoprirla, una citt all’interno della citt con frequentazioni di strani personaggi come Costanzo o Scartellato che comunica con i morti del cimitero delle Fontanelle o Maria ‘a Putecara che legge le carte e scaccia il malocchio.
“Un viaggio negli inferi” – recita la scheda in quarta di copertina – “che è un autentico giallo tra coinvolgenti intrecci in una Napoli popolata di fantasmi e superstizioni, immersa nell’occulto, nei misteri e nelle sue contraddizioni.”
Nella prefazione al libro, lo scrittore Maurizio Ponticello rievoca la riflessioni sulla citt di Napoli di tanti autorevoli viaggiatori, Sartre Goethe Dumas De Sade, i quali si chiedevano se si trattasse di una realt separata. Napoli, ci ricorda il prefatore, è una capitale antica che tiene insieme più livelli non solo di struttura urbana, ma anche coscienziali ed a questo retroterra plurimillenario che sono fortemente legati. Una Napoli avvitata su se stessa, quasi senza vita? No, al contrario, annota Ponticello, perch malgrado i forti contrasti esistenziali e le contraddizioni, Napoli è una citt viva.
Un mondo di poveri che s’affidava alle sue “Sibille” che per una manciata di soldi vendeva a buon mercato illusioni e sogni. Ma poi c’era il risveglio. Amaro! Come è amaro per tanta gente di Napoli, al risveglio mattutino, il lunario da sbarcare a tutti i costi dove la superstizione non ti aiuta a coniugare il pranzo con la cena.
Ecco che non resta altro da fare che affidarsi all’illegalit .
Il vero dramma consiste nell’assenza di chi aiuta un popolo, che tale non è, a prendere atto che la modernit non può attendere.
Di seguito, ne parla l’autrice
CACCIACLIA RESPIRO LA STORIA DI NAPOLI
di NICOLA GUARINO
Un romanzo che intreccia passato e presente a Napoli. Quanto è forte il legame con la sua citt ?
Napoli è la mia citt , quella dove sono nata e dove ho vissuto la mia vita e dove anche ora trascorro la maggior parte dei miei giorni. un legame stretto e adesso, che abito a pochi chilometri di distanza, si è fatto ancora più intenso. come se questa piccola distanza mi permettesse di cogliere meglio le sue peculiarit , rendendomela ancora più cara. Respirare la storia di Napoli, passeggiando per le sue strade è una cosa che mi appartiene da sempre. Ricordo che fin da bambina mi piaceva tanto che mio padre mi accompagnasse a visitare i luoghi e mi raccontasse la mia citt . Corradino di Svevia e la sua triste sorte, il principe di Sangro e la sua alchimia, la leggenda di Virgilio e dell’uovo nascosto sono state le storie che hanno nutrito la mia fantasia e il mio amore per Napoli.
Il brivido è diventata una componente indispensabile della sua scrittura?
Mi è indispensabile se penso di voler scrivere un noir, ma non mi occorre se , come ho fatto, lavoro a un romanzo storico. Per temperamento sono molto curiosa, mi piace cambiare e temo la noia, ed è cos anche per quanto riguarda il mio rapporto con la scrittura, devo provare sempre nuove strade, narrazioni e stili diversi. Mi è piaciuto molto saltare dal linguaggio falso medievale che mi ero inventata per il romanzo storico, ai toni densi delle cadenze del dialetto napoletano che ho utilizzato per il mio noir. Oggi, però, sento forte ancora la voglia di provare a scrivere un romanzo in cui il brivido e la suspense siano presenti.
Nel suo libro respirano superstizione e misteri. Guidano anche la sua vita?
Guidarla no, sono troppo razionale e figlia dell’Illuminismo, diciamo che potrei citare la gi inflazionata frase di Peppino de Filippo Non è vero ma ci credo. Soprattutto ritengo che gli splendidi misteri napoletani cos come le superstizioni che accompagnano le culture di ogni angolo della terra siano fondamentali in quanto segnano il legame ancestrale e continuo con la storia di un luogo e rendano unico un popolo. Ad esempio il culto dei morti a Napoli, quello delle anime purganti, le varie capuzzelle e pezzentelle conservate nelle chiese e negli ossari, sono la chiave di lettura di quel rapporto davvero unico e speciale che solo il popolo napoletano ha con la morte.
Il libro che ama di più…
Fin dall’adolescenza ho sempre letto tantissimo, tra i quattro ai 6 è« « oè á«sptBLlibrineBlinkBBd dBd d«BpGBB«7Be«BEBBèMODEBHlèNOèBB» OJBe
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BB»EWHEREUSINGB B cinque libri al mese e a volte di più, e sebbene abbia amato tanti autori, la mia risposta a questa domanda non è mai cambiata I “Buddenbrook” di Thomas Mann, che è e resta il mio libro preferito.
Quello che vorrebbe scrivere…
difficile questa risposta, in genere il libro che uno sa di voler scrivere poi lo scrive. Forse mi piacerebbe riuscire a rendere sulla carta il racconto della piccola e media borghesia napoletana degli anni sessanta, la storia di vita di quella classe sociale che ogni mattina si alza e va al lavoro. Oppure mi piacerebbe scrivere un romanzo storico su una saga familiare.
ll sussurro di Vico Pensiero potrebbe diventare un film?
Se qualche regista operasse questa scelta ne sarei felice, per me quale autrice, per il mio libro e per i luoghi e i misteri della mia citt che potrebbero essere conosciuti da un pubblico più vasto. Solo, vorrei tanto che fosse come gli antichi sceneggiati della Rai, quelli in cui la qualit la faceva da padrona.
Tina Cacciaglia è nata a Napoli, laureata in Sociologia, svolge l’attivit di conciliatrice professionista, oltre a interessarsi da diversi anni di scrittura ed editoria.
Il romanzo storico “La Signora della Marra”, di cui è una delle due autrici, è stato segnalato dalla giuria del Premio Calvino 2009 come degno di merito, ed è in corso di prossima pubblicazione. Nello stesso anno ha vinto il primo premio Creativit e scienza, citt di Salerno con un racconto di fantascienza storica pubblicato in antologia.
Nel concorso nazionale Io Scrittore 2011 è risultata vincitrice con un romanzo noir, pubblicato in ebook dal Gruppo Mauri Spagnol nel marzo 2012.
Vive a Salerno con la sua famiglia e il suo cane.
Il sussurro di Vico Pensiero di Tina Cacciaglia
Carlo, Adriana e Agnese. Il tipico triangolo amoroso? All’apparenza potrà sembrare così, in realtà dietro questi nomi si cela una storia colma di amore e passione, tradimenti e vendette.
Il sussurro di Vico Pensiero
- Autore: Tina Cacciaglia
- Categoria: Narrativa Italiana
“Povero pensiero me fu arrubbato, pe no le fare le spese me l’ha tornato.”
Questa è l’iscrizione riportata sulla lapide posta a Vico Pensiero. Secondo la credenza popolare, sono le parole di un giovane poeta innamorato. Il suo cuore fu rapito da una stupenda ragazza dai capelli corvini e dagli splendidi occhi, verdi e ammaliatori. Gli occhi di una strega. Un amore che gli rubò l’anima.
Nella notte tra il 16 e il 17 ottobre 1590 la nobildonna Maria d’Avalos e il suo amante vennero uccisi dal marito, il principe Carlo Gesualdo. Si narra che il fantasma della donna si aggiri ancora, di notte, tra le vie del paese.
Presente. La migliore amica di Adriana, Elena, viene trovata uccisa. Qualcuno le ha ficcato in gola della saggina, il materiale di cui sono fatte le stole delle scope. Impossibile non abbinare le scope alle streghe, soprattutto quando le credenze popolari ne riportano le gesta…
Carlo, Adriana e Agnese. Il tipico triangolo amoroso? All’apparenza potrà sembrare così, in realtà dietro questi nomi si cela una storia colma di amore e passione, tradimenti e vendette. Può una donna, nel nome dell’amore, sconvolgere la vita di tantissime persone? Amore, passione, infatuazione… Tre parole diverse, tre sentimenti ben distinti, per chi li guarda da fuori. Ma per chi li sta vivendo, uno alla volta o magari tutti insieme, non sarà per nulla facile trovare il famigerato bandolo della matassa e compiere la scelta giusta.
E poi, cosa c’entrava Elena in tutto ciò? Ha visto o fatto cose che non doveva? Perché qualcuno ha deciso di spegnere per sempre il suo soffio vitale? Stregoneria o superstizione? Oppure…
Tina Cacciaglia nasce a Napoli, si laurea in Sociologia e svolge l’attività di Conciliatrice Professionista. Coautrice del romanzo storico “La Signora della Marra”, segnalato dalla giuria del Premio Calvino 2009 e in corso di pubblicazione. Nel concorso nazionale Io Scrittore 2011 è risultata vincitrice con un romanzo noir, pubblicato in e-book dal Gruppo Mauri Spagnol nel 2012.
Il sussurro di vico Pensiero è una storia dolce e amara, passionale e ardente, un tuffo in una realtà vicinissima a noi eppure potrà sembrare distante anni luce. Risvolti drammatici, vite stroncate e altre che erano appena iniziate, superstizioni e vendette si mescoleranno in questo affresco dalle tinte cupe solcate da un rosso acceso, il rosso del sangue e dell’amore. Un libro che vi catturerà dopo poche pagine e che v’invoglierà ad andare avanti, sino alla fine che vi lascerà una sensazione strana… Da aggiungere alla vostra biblioteca.
Intervista A Tina Cacciaglia, Autrice Del Libro “Il Sussurro Di Vico Pensiero”
Intervista a
Tina Cacciaglia
Autrice del Libro
“Il sussurro di Vico Pensiero”
Cari Amici, oggi il nostro piccolo salotto avrà il piacere d’ospitare la bravissima
Tina Cacciaglia
e il suo libro
“Il sussurro di Vico Pensiero”
Se volete saperne di più, eccovi il link della recesione:
http://scrivoleggo.blogspot.it/2013/06/il-sussurro-di-vico-pensiero-di-tina.html
Ma basta con i preamboli, lasciamo la parola alla bravissima Tina!
Ciao Tina! Grazie per il tempo che mi dedichi. Innanzitutto parlaci un po’ di te, raccontaci qualcosa…
Che dire, sono una sociologa ma faccio la conciliatrice, e soprattutto scrivo da sempre. Inventare storie è la mia attività principale e il mio vero lavoro. Leggere, scrivere, vivere con e per i libri e tra gli autori che amo è il mio più grande interesse. Dapprima scrivere era per me, come per tanti, un fatto mio privato. Nemmeno i miei amici e familiari lo sapevano.
Un giorno alla radio sentii che Radio Rai Due faceva un concorso, non so cosa mi colpì dell’annuncio ma decisi di provare, inviai una mia favola e vinsi.
La favola venne letta in diretta radio Rai dall’attrice Valeria Valeri. A quel punto in me si mosse qualcosa e pensai che forse era venuta l’ora di aprire il cassetto dei miei manoscritti, e venne un altro concorso poi un altro ancora, vincevo ogni volta e questo aumentava la fiducia in me stessa.
Allora mi misi alla prova su cose più grandi come il Premio Calvino dove il mio romanzo storico fu segnalato per merito e Ioscrittore che mi portò alla pubblicazione di un ebook con il Gruppo Mauri Spagnol, da allora sono passati due anni e intanto ho pubblicato due romanzi su carta, “La Signora della Marra” scritto a quattro mani con Marcella Cardassi e “Il sussurro di Vico Pensiero” con la Runa editrice.
1) Che dire? Complimenti!
Come nasce un tuo personaggio?
Da un qualcosa che ho voglia di dire, di comunicare. Ad esempio volevo raccontare la quotidianità degli anziani che vivono nelle case di cura e allora ho dato vita alla vecchia nonna Anita, uno dei miei personaggi che più amo.
2) Come scegli i nomi dei tuoi personaggi?
A volte dal calendario a secondo di che santo si celebra il giorno in cui sto scrivendo. Altre volte dal loro vero nome, se si tratta di personaggi storici.
3) Da dove ti arriva l’ispirazione per scrivere?
Dall’urgenza di raccontare una caratteristica umana: l’odio, l’invidia, il fallimento, la resurrezione di un vinto. È sempre da una piccolissima idea o sensazione che il tutto comincia a ronzare nella mia testa, a volte per un tempo lunghissimo, è come un’idea fissa che torna e ritorna, finché non prende un debole corpo e diventa parola, da parola, parole e poi scrittura.
4) Fantastico.
Cosa ne pensi del fenomeno “ghost-writer”?
Se si tratta di dare voce a chi non ne ha, per impossibilità culturale o fisica, la trovo una cosa meritoria (ad esempio raccogliere e mettere per iscritto la testimonianza di vita di un anziano analfabeta che vuole far conoscere il suo passato degno di essere raccontato). Se è invece un modo per guadagnare o per dare notorietà a chi non è capace di farlo da solo la trovo umiliante per l’autore che vede sparire il proprio nome dal frutto del suo ingegno.
5) Sei tu a tratteggiare il carattere dei personaggi o sono loro a crescere spontaneamente?
È storia ripetuta da quasi ogni autore ma è pur vera come testimoniano in tanti, lo scrittore crea un personaggio ma poi questi va dove vuole, a volte distaccandosi del tutto dalle intenzioni iniziali per cui venne creato.
6) Sottoscrivo.
Cosa ne pensi della stregoneria?
Che è una bella favola con cui a volte giustifichiamo la cattiveria umana o che utilizziamo quale concetto per le cose a cui non sappiamo per nostra ignoranza dare ancora un nome.
7) L’amore è una magia?
No, penso che sia l’espediente che la natura ha inventato per la cura e la tutela dei piccoli di ogni specie. Solo che l’uomo a differenza degli animali essendo pensante lo ha arricchito di significati trascendenti.
8) Sacrificheresti l’amicizia per l’amore?
Ho superato l’età adolescenziale da tanto, per cui questo problema lo ho da un po’ bello e risolto. L’amore tra due persone nasce dalla passione e può in alcuni casi bruciare e consumarsi in fretta, l’amicizia invece ha radici molto solide e quando è verace resiste a ogni intemperia. La saggezza della vita insegna che non si sacrificano mai gli amici, sono l’unica nostra grande ricchezza.
9) Concordo in pieno.
Che sensazioni provavi mentre scrivevi il libro?
Mi divertivo, per me scrivere è gioia, serenità, allegria, mi fa stare bene. Non conosco il tormento dello scrittore, se mi desse problemi o malesseri scrivere, non lo farei.
10) Hai ragione, scrivere è gioia, ed è stupendo!
Che differenza c’è tra amore e infatuazione?
L’amore è un tranquillo lago tra i monti in cui con serenità ci si specchia e ci si riconosce. L’infatuazione è il temporale d’Agosto, violento, pieno di nubi e squarci di sereno, ti travolge con la sua furia e un attimo dopo non c’è più.
11) Descrizioni stupende.
Il tuo rituale dopo aver finito di scrivere un libro?
Mettere ordine sulla scrivania, far sparire note e appunti e cominciare da subito a chiedersi che cosa si scriverà di nuovo.
12) Quanto c’è di te nella protagonista del libro?
Tre cose: la facoltà universitaria, l’essere una napoletana del quartiere Vomero, l’essere curiosa. Poi nulla più. Non amo le autobiografie né gli scrittori che, come si dice, si guardano l’ombelico, cioè credono che la loro vita valga la pena di essere narrata, in genere il risultato che ottengono è penoso. Uno scrittore tanto più è bravo quanto più sa elaborare il proprio vissuto in una invenzione letteraria.
13) L’autore/autrice che prendi come modello.
Nessun modello, le autrici e gli autori che amo sono troppo in alto perché anche solo possa osare di guardarli: Thomas Mann e Margherite Yourcenaur per dirne giusto un paio.
14) Mai dire mai…
Un film tratto da un romanzo può essere meglio del libro stesso?
Non ho mai visto un film più bello del libro che lo ha generato.
Il libro chiede al lettore di essere attivo e di tramutare le parole in immagini nella sua mente.
Lo spettatore del film è passivo, riceve e gode dell’immaginazione altrui.
15) Forse è proprio questo il guai, non vogliamo fare un piccolissimo sforzo per ricevere emozioni immense e ci affidiamo a poche immagini che non rendono giustizia all’opera.
Dove si può acquistare il tuo libro?
É ordinabile in tutte le librerie italiane, in alcune di esse è presente ed esposto sugli scaffali come, quale esempi, da Loffredo a Napoli, da Guida a Salerno, Libreria Ambrosino a Procida e altre a Rieti, Padova ect… infine lo si può acquistare su tutti i siti on line o richiedere direttamente alla Runa Editrice sul sito. http://www.runaeditrice.it/
Perfetto, così sappiamo dove poterti trovare!
Ciao Tina, grazie per il tuo tempo!
Ciao Roberto, grazie ancora per la tua disponibilità e cortesia.
E un enorme grazie a voi, Amici che ci seguite con affetto. Siete la nostra felicità!
Il sussurro di Vico Pensiero – Tina Cacciaglia
di Clara Domenino – Gli amanti dei libri
Tina Cacciaglia, nel suo libro Il sussurro di Vico Pensiero, edito da Runa editrice, ci presenta una Napoli che si rivela una vera scoperta per chi, come la sottoscritta, non la conosce che superficialmente. Ci apre le porte di una città oscura, misteriosa, piena di segreti e di fascino, una città che si racconta attraverso gli occhi della gente, ma anche attraverso i luoghi sotterranei e più nascosti imbevuti di superstizione, credenze popolari, leggende e forse ignoranza. Napoli è la vera protagonista del romanzo, ricca di misteri, così viva e traboccante di umanità da lasciare a quelli che dovrebbero essere in realtà i veri protagonisti (Adriana, Agnese e Carlo) un ruolo di comprimarietà.
Adriana, ragazza della Napoli bene, sta per discutere la tesi di laurea. Una sua amica, anch’essa alla vigilia della discussione, viene trovata assassinata, con un gomitolo di saggina in gola. La giovane aveva preparato una tesi dal titolo “La sopravvivenza degli antichi riti nel popolo napoletano contemporaneo” e, poiché la polizia brancola nel buio, questo può essere l’unico indizio da cui partire per la ricerca della verità. Adriana manifesta i suoi pensieri a Carlo, il fidanzato, che è anche commissario di polizia, ma la pista è poco credibile per le indagini ufficiali, così la donna si avventura da sola nei meandri del mistero.
Mistero, folklore, storia, leggende: un intreccio di creduloneria ed antica saggezza popolare ci svelano il fascino di Napoli con le sue mille contraddizioni. Adriana, non ha mai pensato che leggende e superstizioni avessero un fondamento di verità, ma dovrà ricredersi perché si accorgerà che sul suo cammino vanno a braccetto. L’autrice mescola, in questa narrazione, personaggi di fantasia e personaggi leggendari in un sapiente gioco di credibilità. E le figure femminili vincono il confronto con il sesso “forte”: la stessa Adriana, la nonna Anita, benché invalida, Agnese la “janara” e Maria ‘a Putecara, facendo fare al protagonista maschile Carlo una magra figura.
Con pennellate sapienti, i colori, gli odori e i suoni di Napoli ci avvolgono; siamo anche noi lettori nelle strade della città, nei suoi reticoli sotterranei, partecipiamo attivamente alle indagini e ci lasciamo prendere dall’incanto di questa narrazione. Ci nascondiamo dietro il fantasma di Maria D’Avalos (famosissimo a Napoli) per giungere alla ricerca della soluzione. Chiacchieriamo con il custode del cimitero delle Fontanelle; spiamo le trame ammaliatrici di Agnese e i riti contro la malasorte praticati dalla Putecara; seguiamo il commissario Carlo nei suoi incontri di passione, impelagandoci in questa complessa indagine poliziesca. Così, attirati dalla curiosità, ci ritroviamo a divorare le pagine di questo mistery, dove la Cacciaglia ha disseminato enigmi e tracce.
Il noir è avvincente, la scrittura è leggera, lo stile spigliato e scorrevole. La prosa è elegante; i dialoghi sono coloriti e caratterizzano i personaggi con immagini vivide; il linguaggio è arguto e fa del Sussurro di Vico Pensiero un’opera che si rivela schietta ma anche misteriosa, divertente pur nella serietà dei temi, godibilissima. L’intreccio che lega storia e leggenda, mistero e folklore, è stato creato in maniera sapientemente originale. L’indagine poliziesca costringe il lettore ad aprire bene occhi ed orecchie per ascoltare la voce dei fantasmi che popolano questa Napoli dalle mille contraddizioni. E dall’incanto della napoletanità che ne emerge, e da cui non vorremmo più staccarci, ecco comparire la soluzione dell’enigma. Così il personaggio-chiave di tutta l’opera, sfrontato, perverso, immorale, che ha tessuto la sua tela con maestria, da aguzzino diventa vittima e ci permette un sospiro di sollievo sciogliendo l’ansia che ci aveva governato fin dalle prime battute.
Recensione di Miriam Mastrovito – Il flauto di Pan: Il sussurro di Vico Pensiero
La 1ª edizione è stata tra i vincitori del torneo letterario “IoScrittore” edizione 2011
Descrizione:
“Povero pensiero me fu arrubbato, pe no le fare le spese me l’ha tornato”.
Così recita la lapide posta a vico Pensiero, secondo una leggenda popolare, da un giovane poeta innamorato. Una strega dai lunghi capelli neri e dagli occhi ammalianti, lo sedusse con teneri sorrisi e dolci parole. A lui si concesse con la devozione di una sposa, finché non ci fu più un
frammento d’anima da rubargli ancora.
Nel Palazzo San Severo a Napoli, la bellissima nobildonna Maria d’Avalos venne uccisa dal marito, il principe Carlo Gesualdo, insieme all’amante: era la notte tra il 16 e il 17 ottobre del 1590. Si narra che il suo fantasma vaghi ancora nell’oscurità delle notti napoletane.
Fantasmi e leggende del passato. La vita di Adriana s’incrocia con l’antica storia della nobildonna Maria d’Avalos e del suo amante e con quella contemporanea di Elena, una colleg di studi trovata morta con in gola della saggina di cui sono fatte le scope delle streghe. Adriana si addentra in una Napoli a lei sconosciuta, nei rioni appartenenti alla camorra, e assieme al fidanzato, un tormentato Commissario di Polizia, inizia una indagine che la porterà a scoprire
una vera e propria città nella città, immersa in antiche tradizioni, incarnate da personaggi come Costanzo ‘o Scartellato, che parla con i morti del Cimitero delle Fontanelle, o Maria ‘a Putecara, che legge le carte e scaccia il malocchio. Un viaggio negli inferi che è un autentico giallo tra coinvolgenti intrecci in una Napoli popolata da fantasmi e superstizioni, immersa nell’occulto,nei misteri e nelle sue contraddizioni.
L’autrice:
Tina Cacciaglia è nata a Napoli, laureata in Sociologia svolge l’attività di Conciliatrice Professionista, oltre a interessarsi da diversi anni di scrittura ed editoria.
Ha pubblicato diversi articoli per riviste quali L’isola, il Giornale di Cava, Il Vescovado. Una sua favola è stata letta a Radio Rai Due ed è arrivata finalista al concorso Parole in Corsa con un brano pubblicato in antologia.
Ha partecipato a Torino al Perfect Day della Scuola Holden, organizzato da Alessandro Baricco, con un breve brano, pubblicato dal quotidiano Il Denaro e dalla rivista Grazia.
Il romanzo storico “La Signora della Marra”, di cui è una delle due autrici, è stato segnalato dalla giuria del Premio Calvino 2009 come degno di merito, ed è in corso di prossima pubblicazione.
Sempre nel 2009 ha vinto il primo premio Creatività e scienza, città di Salerno con un racconto di fantascienza storica pubblicato in antologia.
Nel concorso nazionale Io scrittore 2011 è risultata vincitrice con un romanzo noir, pubblicato in ebook dal Gruppo Mauri Spagnol nel marzo 2012.
La recensione di Miriam:
Napoli solare e oscura, schietta e misteriosa, ridente eppure non immune alle lacrime… Napoli con i suoi segreti, il suo fascino e le sue mille contraddizioni è una città che ha tanto da raccontare. Ci sono storie che si possono leggere negli occhi della gente, ascoltare agli angoli di strada e persino storie sussurrate dai defunti. Se avete dubbi in merito, provate a interrogare il teschio di Donna Carmela; stando a quel che si mormora, vi risponderà.
Adriana non ha mai dato credito a queste leggende, pur essendo napoletana a tutti gli effetti, è figlia dei “quartieri alti”; a stento comprende il dialetto e il suo spirito razionale sorride delle superstizioni.
Quando però la sua compagna di università Elena viene trovata morta con un gomitolo di saggina conficcato in gola, il desiderio di scoprire la verità lì dove la polizia brancola nel buio, la sospinge proprio nei meandri di quella Napoli fitta di leggende e misteri.
La ragazza infatti è stata assassinata alla vigilia della sua seduta di laurea, allorquando si apprestava a discutere una tesi sulla sopravvivenza degli antichi riti nel popolo napoletano contemporaneo. Quella ricerca rappresenta l’unico indizio da cui partire per poter ricostruire i suoi ultimi mesi di vita e provare a dare un senso a quel crimine così assurdo. Adriana esterna i suoi pensieri al commissario Carlo Lofrate che, per ironia della sorte, è anche il suo fidanzato ma la pista da lei suggerita non è abbastanza convenzionale perché rientri nelle indagini ufficiali. Decide perciò di avventurarsi da sola nel cimitero delle Fontanelle in cui l’amica aveva trascorso diverso tempo per i suoi studi. Chiacchierando con il custode salterà fuori il nome di un veggente, Costanzo ‘o Scartellato, con cui Elena pareva intrattenersi negli ultimi tempi. L’uomo purtroppo non potrà rendersi utile perché, di lì a poco, verrà trovato anch’egli assassinato. Girovagando tra le tombe tuttavia, Adriana si imbatterà in Saverio, un ragazzo appassionato di misteri e storie di fantasmi che, ben presto si trasformerà in un prezioso alleato.
Intanto Carlo finirà nelle grinfie di Agnese, la giovane nipote di Costanzo, ammaliante come un strega.
Bastano le prime righe di questo romanzo per scivolare in una realtà parallela ma assolutamente concreta. Poche frasi perché i colori, gli odori, i suoni di Napoli ci avvolgano tanto da fornirci l’impressione di essere proprio lì, non solo nel suo reticolo di strade affollate di gente ma anche e soprattutto nelle sue cavità sotterranee, quelle in cui scorre la linfa di una superstizione che, lungi dall’essere sinonimo di creduloneria e ignoranza, è retaggio di antica saggezza popolare. È una città magica quella in cui ci accompagna Tina Cacciaglia, sulle orme di un intreccio che con sapienza e grande originalità lega insieme mistery e folklore, storia e leggende. Avventurarsi tra le sue pieghe significa impelagarsi in una complessa indagine poliziesca che invoglia ad aguzzare l’ingegno e, nello stesso tempo, accettare di aprire gli occhi e le orecchie perché i sussurri dei fantasmi ci narrino di una città nella città, un luogo in cui val la pena di sospendere l’incredulità e lasciarsi prendere dall’incanto.
Ecco allora che ricercando l’assassino di Elena, ci imbatteremo nel fantasma di Maria D’Avalos vagante nei pressi di Palazzo San Severo, nel Monacone, nelle anime in pena di Filippo Carafa e Margherita Petrucci e in quelle pezzentelle, non mancando di incontrare anche persone in carne e ossa ma, non per questo meno enigmatiche, come ‘o Scartellato con la sua gobba portafortuna e la capacità di vedere il futuro, o Maria ‘a Putecara capace di scacciare la malasorte praticando l’antico rito dell’olio. Tra gi uni e gli altri, ritroveremo Adriana e Carlo, quasi presi in una morsa che anziché tenerli stretti minaccerà di dividerli e li costringerà comunque a rivalutare la loro visone del mondo.
Personaggi leggendari e personaggi di fantasia che pure appaiono estremamente credibili, si ritrovano a essere protagonisti di un atto unico in cui il crudo realismo dei quartieri degradati e tenuti in scacco dalla camorra si mescola al sapore arcano di riti scaramantici. L’alchimia di immagini e suggestioni si riflette altresì in uno stile narrativo che combina una prosa caratterizzata da raffinata eleganza con la schiettezza di dialoghi coloriti nei quali irrompe tutta la genuinità del vernacolo.
Un mistery godibile quanto insolito e contemporaneamente un originale inno alla napoletanità che qui si spoglia di ogni luogo comune per riaffermarsi come sinonimo di passione e rispetto per le tradizioni recuperando il significato più autentico della superstizione che, a volte, può rivelarsi un innocuo antidoto ai mali del nostro tempo.
Intervista a Tina Cacciaglia di Miriam Mastrovito – Il flauto di Pan
Tina Cacciaglia è nata a Napoli, laureata in Sociologia svolge l’attività di Conciliatrice Professionista, oltre a interessarsi da diversi anni di scrittura ed editoria.
Ha pubblicato diversi articoli per riviste quali L’isola, il Giornale di Cava, Il Vescovado. Una sua favola è stata letta a Radio Rai Due ed è arrivata finalista al concorso Parole in Corsa con un brano pubblicato in antologia.
Ha partecipato a Torino al Perfect Day della Scuola Holden, organizzato da Alessandro Baricco, con un breve brano, pubblicato dal quotidiano Il Denaro e dalla rivista Grazia.
Il romanzo storico “La Signora della Marra”, di cui è una delle due autrici, è stato segnalato dalla giuria del Premio Calvino 2009 come degno di merito, ed è in corso di prossima pubblicazione.
Sempre nel 2009 ha vinto il primo premio Creatività e scienza, città di Salerno con un racconto di fantascienza storica pubblicato in antologia.
Nel concorso nazionale Io scrittore 2011 è risultata vincitrice con un romanzo noir, pubblicato in ebook dal Gruppo Mauri Spagnol nel marzo 2012.
Benvenuta nel nostro angolino magico. Come di consuetudine, iniziamo la nostra chiacchierata con una domanda di rito: chi è e perché scrive Tina Cacciaglia?
Fin da bambina ho amato sia le storie che mi raccontava mio padre, capace d’inventarne ogni giorno di nuove, sia i grandi sceneggiati della Rai di un tempo che facevano venir voglia di andare subito a leggere il romanzo da cui erano stati tratti. Ricordo di aver tentato di mettere su carta anche io delle piccole storie già dalle scuole elementari dove la cosa che più mi piaceva fare era il tema. Poi, da adolescente ho letto due autrici che in me hanno lasciato un segno, Matilde Serao e Sibilla Aleramo, e da quel momento ho cominciato a pensare alla scrittura come a una delle possibilità della vita. Sia la Serao sia l’Aleramo, profondamente diverse nello stile e nella vita, avevano però tratto la loro forza dalla determinazione e dalla passione per la scrittura, riuscendo a imporsi in un mondo tutto al maschile.
Il sussurro di Vico Pensiero. Com’è nata l’idea?
Sono laureata in Sociologia e fin dai tempi dell’università mi ha sempre interessata la lettura antropologica dei misteri, culti e superstizioni della mia città. Inoltre, quando ero bambina la mia tata mi raccontava di fantasmi, janare, monacielli, io mi spaventavo tanto ma al tempo stesso m’incantavo e m’incuriosivo. Così ho pensato di dare voce a questo patrimonio della mia città e per farlo ho scelto d’inserirlo nel contesto di una storia noir.
Il sussurro di Vico Pensiero e Napoli sono legati a filo doppio per diverse ragioni. Ci parleresti di questo legame e del tuo legame con questa città?
Il sussurro di Vico Pensiero e Napoli sono legati, come giustamente dici, con un filo più che doppio: senza Napoli, la storia che vi è narrata non esisterebbe. Se al mio romanzo si toglie la città viene a mancare alla trama la protagonista principale.
Ci sono romanzi in cui la storia tiene così tanto che se invece di svolgersi a Parigi, per esempio la si sposta a Vienna, cambieranno i nomi delle strade, dei cibi, delle canzoni ma la trama resta lì, perfetta. Non nel mio libro, in esso Napoli è un personaggio e senza tantissime pagine finirebbero per non avere alcun senso. Questo perché calati in un’altra realtà molti dei personaggi del libro non potrebbero reagire proprio in quel modo e non in un altro, in quanto il loro agire gli deriva da oltre 2000 anni di superstizioni e antichi riti.
Il mio legame con Napoli è stretto, essa è parte di me, ma non credo che sia una cosa insolita. Ritengo che ciò sia vero per ogni persona del globo nei confronti del proprio paese natale o del luogo dove ha vissuto la maggior parte della sua vita.
Nel libro ci descrivi soprattutto una Napoli misteriosa,
popolata di fantasmi e fortemente ancorata alle tradizioni e alle antiche leggende popolari. Quale il tuo personale approccio al mistero?
Razionale, rispondo di getto. In effetti, poi mi accorgo che non è così, in realtà in me si scontrano ed entrano in collisione due mondi: l’attuale in cui vivo con la sua lettura positivistica della realtà, e il fuori dal tempo che respiro lungo gli antichi decumani di Napoli. Ecco, forse la risposta più corretta è data da uno dei personaggi del romanzo, Anita. L’anziana signora pensa tra sé : La superstizione a Napoli ha sempre e solo aiutato a vivere.
Tra i vari culti e riti ai quali fai riferimento, mi ha particolarmente colpito il culto delle capuzzelle, ovvero delle anime senza nome. Spiegheresti ai nostri lettori di cosa si tratta?
Questo culto ha un fascino speciale, tanto che chi entra in questi famosi ossari e ne viene a contatto ne resta completamente ammaliato. Napoli ha un rapporto unico con la morte, come se non ci fosse un al di qua e un al di là. È come se il rapporto fra i morti e i vivi non si interrompesse mai e tra i due mondi la comunicazione fosse continua, facile e possibile.
Nel corso della storia tra pestilenze, guerre, e altre calamità spesso per il gran numero di vittime non c’era stata altra scelta che l’uso delle fosse comuni, dove i defunti venivano sepolti senza un nome e senza una lapide.
Chi si ricordava di loro? Chi poteva con messe e preghiere abbreviare la loro espiazione in Purgatorio? Nasce così il culto delle capuzzelle, cioè dei teschi, che altro non è che un patto stretto tra un vivo e il cranio di un defunto. Il vivo pensava: “Se ti lucido, ti pongo in una teca, ti porto dei fiori, ti dico preghiere e ti faccio celebrare messe, tu capuzzella che sei nel mondo dei più, puoi pure farmi sognare i numeri del lotto, farmi trovare marito, aiutarmi a uscire da un guaio…”
Ma i patti si stringono in due, e anche questo doveva essere accettato sia dal vivo e sia dal morto: il vivo dopo aver scavato dalla fossa comune una capuzzella, averla ripulita, pregato per la sua anima e circondata di ceri e fiori aspettava, se nella notte tra la domenica e il lunedì successivi sognava i numeri del lotto, o comunque in quei giorni almeno una parte di quello che aveva chiesto si realizzava, allora voleva dire che il morto aveva accettato il patto che il vivo gli aveva proposto, l’adozione diventava definitiva e irrevocabile. Se ciò non accadeva il vivo, scavava un altro cranio dalla fossa comune e ricominciava tutto daccapo.
Negli ossari napoletani sono conservate, tra i tanti teschi, le capuzzelle che hanno avuto una storia più famosa o che sono conosciute come particolarmente miracolose o pericolose.
Non è vero ma ci credo. È un detto che, a mio parere, ben rispecchia l’approccio comune alla superstizione; in molti ne prendiamo le distanze ma nessuno di noi rinuncia a qualche piccolo rito scaramantico perché non si sa mai… Quale il tuo personale approccio? Segui qualche “rituale” particolare quando scrivi?
Non ho veri rituali scaramantici, ma un’abitudine a cui tengo sì. Ogni anno nel periodo prima di Natale, vado con una o più care amiche a Via San Gregorio Armeno, che è la famosa strada dei Presepi di Napoli, dove oltre a pastori, decorazioni, luci e ect è possibile acquistare ogni sorta di ninnolo contro il malocchio e la fattura, apportatore di fortuna e di salute… Ci sono i corni, le statuine del gobbetto, del monaciello, della ‘mbriana, che è una donna nume tutelare della casa. Ogni anno io e le mie amiche ci scambiamo in regalo tra noi uno di questi ninnoli, ognuna paga quello dell’altra, perché, specie i corni ma in generale tutti gli oggetti scaramantici, devono essere regalati per poter proteggere. In realtà è un modo che abbiamo tra noi, per collezionare questi oggetti fatti a mano da bravi maestri presepai, ed è anche un modo di passare un piacevole pomeriggio, scherzando a regalarci la fortuna.
Come nascono i tuoi personaggi? Ce n’è uno a cui ti senti particolarmente legata o che, in qualche modo, ti rappresenta?
Quando concepisco per la prima volta un personaggio penso a una passione che lo muove a un sentimento. Ad esempio immagino che Tizio prova tanto odio dentro di sé, poi comincio a pensare a come si muove, che fa, che dice, che pensa un Tizio che cova tanto odio.
C’è un personaggio a cui sono molto legata, Anita. Nel crearla mi sono posta questa domanda: come pensa, che dice, che fa una donna molto anziana e non colpita da un processo d’invecchiamento cerebrale? Anita è lucida, ma il suo corpo è vecchio, il suo cervello intatto arriva dove il suo fisico non può più. La passione che la muove è la saggezza di chi con lucido raziocinio sa leggere il libro della vita perché è sazio di anni.
Recentissima la tua partecipazione insieme allo staff di
Runa Editrice al Salone del Libro di Torino. Un tuo feedback su questa esperienza?
Non credo di poter dire che cosa sia stata questa esperienza. La Runa Editrice, non solo pubblicando il mio noir ma facendo sì che venisse presentato al Salone del Libro di Torino ha realizzato quello che per me era il mio più grande desiderio. Dentro di me covava da sempre un sogno, scrivere un libro e presentarlo a Torino, ecco Fabio Pinton con la sua Runa lo ha reso realtà.
Nel corso della tua carriera letteraria hai ottenuto svariati riconoscimenti, da una segnalazione al prestigioso Premio Calvino alla vittoria del Torneo Io Scrittore organizzato dal gruppo Mauri Spagnol − per citarne alcuni. Cosa hanno significato per te questi premi? Ritieni che abbiano avuto una reale influenza sul tuo percorso da scrittrice?
Quando si comincia a scrivere, a meno di non avere un alta opinione di sé, si ha bisogno di conferme, e che queste ti arrivino da amici e parenti non conta nulla. Quei poverini potrebbero mai dire che quello che scrivi è terribile?
A questo scopo mi sono stati certamente utili i vari riconoscimenti dai piccoli premi letterari a quello più importante della segnalazione per merito al Calvino, così come i vari articoli che mi sono stati pubblicati da giornali e riviste. Mentre merita un discorso a parte il torneo di Io scrittore, è una gara dura, dove lettori/giudici e autori coincidono, allora il giudizio è spietato, se ci si mette che poi ci sono i furbi, i franchi tiratori ect… riuscire a vincerla non è affatto facile. Il premio che si ottiene, però non è da poco, pubblicare sia pure in ebook con il gruppo Mauri Spagnol è un buon scalino d’avvio per il precorso di scrittura che si vuole intraprendere.
Tra le tue più recenti pubblicazioni figura anche un romanzo storico scritto insieme a Marcella Cardassi: La signora della Marra. Ti va di raccontarci qualcosa a proposito di questo libro e della particolare esperienza di scrittura a quattro mani?
La mia amica da sempre Marcella, che ama e si dedica alla ricerca storica, un giorno alcuni anni fa mi telefonò. “Ho scovato una bella storia su una donna di Ravello nel 1283, la vuoi scrivere?” Da quella telefonata e per più di un anno io e Marcella ci siamo incontrate ogni settimana, lei raccoglieva fonti e documenti, tesseva l’ordito della storia e io ci ricamavo su la trama del romanzo. É stato molto divertente, istruttivo e stimolante. La storia ci ha preso molto, dalla ricerca storica veniva fuori una donna Chura Rufolo che osò sfidare il re Carlo d’Angiò. Il sovrano aveva accusato i familiari della protagonista di essere stati i responsabili delle cause che avevano provocato la sommossa dei Vespri Siciliani. E noi, ma mano che approfondivamo questa storia, ci stupivamo sempre di più, come poteva aver fatto quello che fece questa nobildonna di un epoca tanto remota? Quasi fosse stata una donna dei nostri tempi. Chura ci ha conquistate e a noi è piaciuto raccontare la sua storia.
Che tipo di lettrice sei? Ci sono degli autori a cui ti ispiri o che hanno influenzato la tua scrittura?
Leggo tantissimo, 4 o 5 libri al mese e a volte di più, eppure non ne ricordo dopo un poco nemmeno i titoli e gli autori. Se però un testo riesce a rimanermi nella memoria sono poi capace di serbarne il ricordo per sempre, quel libro mi è davvero piaciuto.
Non mi ispiro a nessuno di mia volontà, inconsciamente accadrà di certo ma io non me ne accorgo. Quello che, invece, so bene sono i libri che ho amato e che sono le pietre miliari della mia formazione: “I Buddenbrook”, in assoluto il libro che amo di più. “Memorie di Adriano”, “Il resto di niente”, “Canne al vento”, “L’isola di Arturo”, tra gli autori moderni non faccio nomi molti sono amici e non voglio far torto a nessuno.
Cartaceo o digitale? Quale il futuro dell’editoria? Quale il tuo rapporto con gli e-book?
Carta, amo l’odore, la forma, la consistenza dei libri. Mi piace accatastarli nelle librerie a casa, perché i ripiani sono già tutti più che pieni. Eppure credo che il futuro sia degli ebook, ritengo che soppianteranno totalmente il libro cartaceo e che in futuro lo si andrà ad ammirare nei musei come un antico cimelio. Questa è una delle poche cose che mi fa ringraziare il cielo di non essere più una ragazza, almeno probabilmente mi sarà risparmiato di vivere in un mondo senza libri e senza più polverose e silenziose biblioteche in cui andare a fare suggestive ricerche, sfogliando vecchi testi con pagine ingiallite di carta che crocchia.
Sogni nel cassetto e progetti per il prossimo futuro?
Scrivere. Per fortuna è un’attività che è possibile praticare fino a quando il cervello non ci abbandona, e io spero di continuare fino a quel momento e non importa se il fine sarà la pubblicazione o unicamente me stessa. Mi auguro di riuscire a trovare sempre dentro di me storie da raccontare, perché per me lo scrittore è in primis un narratore di storie, come gli antichi Menestrelli che giravano paese per paese portando agli abitanti il piacere di sospendere per un poco la realtà a volte dura in cui vivevano e rifugiarsi in un altro mondo dove potevano sentirsi pirati, soldati, amanti o amati.
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